Il dottore dei balbuzienti: Intervista ad Antonio Bitetti

Intervista al dottore dei balbuzienti

Intervista su TicinoLive.ch ad Antonio Bitetti, definito: ” il dottore dei balbuzienti”

Intervisto oggi per i lettori di Ticinolive uno specialista della cura della balbuzie: profondo conoscitore della materia, autore di libri, terapeuta di grande esperienza. Il dottor Antonio Bitetti, psicologo e psicoterapeuta, proviene dalla Puglia, precisamente da Santeramo in Colle ( Bari), e da poco tempo si è stabilito a Lugano. È stato lui stesso balbuziente e dalla balbuzie è guarito. Un’intenso racconto di grande interesse.

Un’intervista di Francesco De Maria.

Francesco De Maria Che cos’è la balbuzie?

Antonio Bitetti A differenza di quanti pensano che la balbuzie sia un problema di linguaggio, io ritengo che la balbuzie sia un problema di relazione, pur manifestandosi sul piano terminale a livello di linguaggio. Difatti, il balbuziente quando è solo parla benissimo e senza intoppi verbali. La balbuzie può essere di tipo clonico o di tipo tonico, in relazione alla sintomatologia manifesta, ma più spesso e di tipo misto, con la presenza di entrambe le caratteristiche.

Qual è la causa della balbuzie?

AB Dopo una mia personale esperienza di balbuzie brillantemente superata e dopo venti anni di esperienza professionale sul campo, posso affermare che la componente psicologica e relazionale, supera di gran lunga la tesi di quanti ipotizzano un coinvolgimento genetico nella eziopatogenesi di questo disturbo. Ho sostenuto in diversi simposi e convegni scientifici che la causa principale del problema sta in una forte componente autosvalutativa del balbuziente, tendente a proiettare sugli altri gli elementi negativi e infine lo strutturarsi di un meccanismo di controllo sulla parola, che diventa una zavorra del linguaggio e che va a condizionare tutta la prestazione verbale.

Quanti ne soffrono? La diffusione più o meno elevata del disturbo dipende dal gruppo etnico che si considera?

AB Da statistiche Dell’OMS , peraltro non aggiornate, si evince che la balbuzie incide i sul 2-3% della popolazione mondiale, in ogni angolo e latitudine del pianeta, ma è più presente nel sesso maschile: su dieci casi, otto sono maschi. Probabilmente gli elementi culturali incidono massicciamente sul dinamismo del problema. Difatti, il maschio è più della donna esposto a dover estrinsecare quella energia a matrice aggressiva, che è uno degli altri elementi importanti delle mie ricerche sul problema.

Quali sono i principali metodi terapeutici della balbuzie (anche in una visione storica)?

AB Se consideriamo il secolo scorso come inizio della moderna medicina, quella ad orientamento veramente scientifico e l’inizio della ricerca psicologica ad ampio raggio, possiamo affermare che da quel periodo e fino ad oggi la balbuzie è stata trattata sempre con la logopedia, cioè con tecniche rieducative e sintomatiche, senza mai incidere su quelle dinamiche sopra descritte. Il balbuziente è stato sempre visto in maniera ambigua dagli addetti ai lavori, proprio in funzione di questa variabilità del suo problema. Non vi è stata mai una vera ricerca scientifica su questo disturbo, addirittura possiamo affermare che qualcosa si è mosso solo grazie a delle iniziative personali di balbuzienti o ex-balbuzienti che come me hanno dato qualche contributo di idee e di ricerca.

La medicina e le istituzioni hanno fatto poco e niente in questo campo e, onestamente lo riconoscono pure loro, in quanto organismi deputati ad offrire risposte concrete ai tanti che soffrono di balbuzie.

Qualche anno fa mi sono confrontato con il Prof. Yairi di Chicago e lui sosteneva la teoria di una base genetica del disturbo, ma ho diverse prove cliniche di miei pazienti gemelli omozigoti, in cui uno aveva la balbuzie e l’altro non ne era affetto. Addirittura, casi in cui la balbuzie ha esordito prima in un fratello gemello e poi questo ha passato il testimone all’altro.

Nel panorama delle tecniche e si parla solo di tecniche, negli ultimi decenni hanno preso piede e si sono diffuse a macchia d’ olio, tecniche di cura basate sul canto o l’ utilizzo della melodia canora per curare la balbuzie.

Poi vi sono tecniche basate sul rilassamento per curare l’ ansia connessa con il problema ed infine tecniche sulla respirazione.

Una menzione a parte merita l’ipnosi che il maestro S. Freud aveva già utilizzato nella sua prima fase clinica, anche per curare una ragazza affetta da balbuzie, ma poi abbandonò tale metodica aprendosi alla strategia delle libere associazioni ed all’ interpretazione dei sogni.

Lei ha studiato a lungo il fenomeno e sull’argomento ha scritto ben tre libri. Nelle sue opere ci sono idee innovative? Quali? Ha elaborato un suo metodo originale di cura?

AB Le mie molteplici esperienze, personali e professionali, dopo una esperienza di gruppo analisi che mi ha condotto a fare luce su aspetti importanti del nostro dinamismo mentale, mi hanno fatto intravvedere idee che mi hanno portato a fare tanta sperimentazione clinica, fino a giungere a conclusioni che ho descritto e che secondo me sono le basi su cui poggia il problema della balbuzie.

A parte quello che ho già anticipato precedentemente, la mia ricerca più importante riguarda il meccanismo del controllo, vero fattore destruente di tutto il problema.

Ho descritto nei miei libri il fattore determinante di questo meccanismo che, appreso in età infantile, se non affrontato e curato può diventare parte integrante del repertorio caratteriale e comportamentale del balbuziente.

Altra mia importante ricerca è lo studio di quelle dinamiche aggressive che sottendono il dinamismo relazionale di chi balbetta. Difatti, secondo le mie ricerche, il balbuziente ha imparato a trattenere la sua rabbia e sbaglia, quindi controlla e trattiene una importante risorsa energetica determinante per la normale vita quotidiana.

Quando comunemente parliamo di grinta, di determinazione, parliamo proprio di questi aspetti, di una energia fondamentale che invece sia il balbuziente, ma anche il timido o il depresso, trattengono o negano, privandosi così di risorse importanti nella vita di ogni giorno.

Il mio modello di terapia l’ho definito ” Approccio Integrato” proprio perché ritengo che il problema vada affrontato in maniera completa e organizzata, partendo dal fatto che la balbuzie è un meccanismo complesso, così come è complessa la nostra personalità, e che risente di diversi aspetti: personali, culturali, sociali.

Lei ha curato moltissime persone. Quanto dura un trattamento? In quante/quali fasi si articola?

AB Nella mia vasta casistica clinica, ho curato diverse migliaia di balbuzienti di ogni età e in diversi Paesi, ho la conferma che un approccio integrato offre migliori garanzie di risultato. Il mio corso base dura dieci-dodici giorni e può proseguire con sedute di mantenimento, sia in gruppo e sia individualmente.

Importante far riconoscere al partecipante la necessità di un suo impegno, poiché tende a sottovalutare la determinazione al cambiamento. Difatti, e sono sempre mie ricerche, vi è una componente della personalità del balbuziente che lo spinge a delegare, a posticipare, e questi sono aspetti che nella mia prassi terapeutica vengono affrontati da subito, senza lasciare spazio alla passività e alla indecisione.

La mia terapia spinge inevitabilmente a un viraggio da una zona di negatività a una zona di forte positività, poiché solo pensando bene di se è degli altri è possibile relazionarsi con fiducia ed efficacia. Questo concetto vale molto per il balbuziente, ma vale anche per ciascuno di noi.

La cura può talvolta concludersi in un insuccesso?

AB Certo che l’ insuccesso sta in ogni aspetto terapeutico, sia in medicina e ancora di più nella cura psicologica, perché le variabili sono maggiori e dove l’aspetto motivazionale risulta fondamentale per il buon esito della terapia. Il terapeuta dovrebbe essere un esperto preparato a conoscere benissimo il problema, ma importante è la motivazione e la determinazione del paziente. Un capitolo a parte merita il bambino balbuziente che nella mia pratica clinica viene sempre accompagnato da un genitore o da entrambi ; essi partecipano al dinamismo terapeutico.

A volte, paradossalmente, i genitori sono coloro che offrono le maggiori resistenze al cambiamento, a differenza dei bambini, che invece sono i migliori candidati a superare brillantemente la loro balbuzie e che di solito seguono con entusiasmo il mio programma terapeutico.

Come organizza lei concretamente la sua attività terapeutica?

AB Di solito in Italia effettuo dinamiche di gruppo, piccoli gruppi, per diverse città, ovviamente le più importanti. Da un paio di anni mi avvalgo della tecnologia SKIPE e ho pazienti che seguo online, con un miglioramento nell’organizzazione e nei costi.

Adesso ho pazienti anche sud-americani che altrimenti non avrei potuto curare con le precedenti modalità organizzative. Comunque offro sempre un ventaglio di opportunità a tutto vantaggio dell’utenza, ma non trascurando l’ottimizzazione del tempo e dei costi.

Lei ha l’intenzione di esercitarla anche in Svizzera?

AB Sì. Mi sono trasferito a Lugano e credo possa diventare la giusta location per una forte espansione in Europa Centrale e soprattutto nei Paesi di lingua tedesca a forte cultura psicologica. Avendo tradotto il mio ultimo libro in tedesco, la Svizzera si sposa benissimo con tale mio progetto culturale e professionale. Mi auguro di avere interessanti risposte.

Conosce personalmente qualche specialista della balbuzie che già operi sul nostro territorio?

AB No, purtroppo ancora no, ma ho preso contatto con istituzioni locali e cantonali per avviare un dialogo ed offrire le mie ricerche a una popolazione che da sempre è attenta alla propria salute e al proprio benessere. In Svizzera la ricerca viene vista come un valore aggiunto e non come in altri posti dove questo non accade o accade con forte ritardo. e sono qui è perché credo in questo territorio e nella sua gente.

Immagino che uno dei suoi film preferiti sia “Il discorso del Re”…

AB Beh, a dire il vero, sul piano strettamente legato alla balbuzie, mi è parso scarso di contenuti, a parte la descrizione del vissuto del protagonista non ho intravisto altro. Resta comunque un gran bel film. Ma il mio preferito e che consiglio ai miei pazienti è ” Il Gladiatore” con Russel Crowe. In quel film è descritta tutta quella serie di elementi di personalità che ritengo importanti da apprendere per superare la balbuzie, soprattutto in età adulta.

Demostene, Cicerone (!), Virgilio, Napoleone, il matematico Tartaglia, Bruce Willis, Marilyn Monroe… Una lista di nomi illustri (l’ho presa da Wikipedia), che potrebbe essere molto più lunga. Che cos’avevano in comune questi – molto diversi, almeno all’apparenza – personaggi?

AB Per me Demostene è il balbuziente che prima di tutti ha capito cosa si nasconde dietro al problema e questo mi ha spinto a conoscerlo meglio, fino a dedicargli un intero capitolo del mio ultimo libro. Demostene aveva sperimentato su di sé gli stessi concetti che io esplicito nel mio Approccio Integrato ed è per questo che io lo ammiro più di altri personaggi, E’ stato coraggioso ed intuitivo, passando così alla storia, fino ad essere definito: il più grande oratore della storia greca. Semplicemente fantastico!

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