Da oltre vent’anni, il dott. Antonio Bitetti ha introdotto nel nostro Paese un modello interpretativo e terapeutico decisamente innovativo, riguardo alla cura della balbuzie: l’Approccio Integrato.(A. Bitetti, La Balbuzie Approccio Integrato, Milano, 2010) Da sempre, la balbuzie viene curata con modelli rieducativi del linguaggio, basandosi su concetti periferici, dato che l’aspetto finale del problema, risulta essere la difficoltà a parlare normalmente come tutti gli altri.
Intervista su TELENORBA
Ma, è importante sottolineare che il balbuziente, bambino ragazzo o adulto che sia, nel chiuso della propria stanza, parla benissimo, non manifesta nessun tipo di difficoltà di linguaggio. Questo, ha spinto il dott. Bitetti ad approfondare quelli che sono i veri motivi che stanno alla base di questo diffuso disturbo, che ricordiamolo, interessa il 2-3 % della popolazione nazionale.
In una recente intervista da lui rilasciata ad una emittente televisiva spagnola, la giornalista ricordava che in Spagna ci sono almeno 800.000 persone affette da balbuzie.
Il balbuziente sa molto bene quello che intende dire, ma non riesce ad esprimerlo in maniera fluida e serena, come invece fa la stragrande maggioranza della popolazione. A questo punto, è naturale chiedersi del perché il balbuziente ha difficoltà di linguaggio quando si relaziona con gli altri, ed invece non balbetta quando è da solo. La risposta non può essere semplice e banale, poiché investe quegli aspetti cognitivi, emotivi e relazionali che il linguaggio ha in se.
Attraverso il linguaggio gli esseri umani creano collegamenti, esprimono emozioni, idee, progetti e quindi, noi tutti riconosciamo il valore intrinseco di questo potente strumento. Il linguaggio ha una base strutturale o genetica e una base acquisita, di tipo culturale o ambientale( N. Chomsky). In età infantile il bambino vive una fase importante nel suo delicato periodo evolutivo ed è chiamata fase del balbettìo, in cui il bambino si cimenta nella ricerca migliore possibile per far convergere aspetti strutturali e aspetti culturali.
Lo stesso avviene nella deambulazione, il bambino impara gradualmente a coordinare i suoi movimenti, in funzione di una serie di prove ed errori, anche sulla base di un processo di rafforzamento del proprio sistema muscolo-scheletrico. Una volta acquista l’intera sequenza, il bambino saprà camminare da solo e senza l’aiuto dei grandi. Il linguaggio segue la stessa logica, ma a differenza dell’attività motoria, il linguaggio ha una importante valore relazionale, poiché attraverso di esso siamo capaci di estrinsecare emozioni, a volte, in alcune esperienze negative o traumatiche, anche a forte valenza aggressiva.
Queste ricerche del dott. Bitetti, che peraltro è autore di tre libri sulla balbuzie (2001,2006, 2010) l’ultimo tradotto anche in inglese e tedesco, si sono concentrate sul meccanismo del controllo emozionale e nel caso di chi è affetto da balbuzie, diventa un controllo della parte periferica del linguaggio, ossia, la parola.
La stragrande maggioranza della popolazione non controlla la parola mentre parla, sa che sarà un processo automatico, così come avviene nella deambulazione. Nessuno si sognerebbe di controllare e di verificare i
movimenti delle gambe durante una passeggiata o durante una corsa, se lo facessimo, rischieremmo di bloccarci o di condizionare fortemente l’attività spontanea.
Pertanto, è il controllo il vero elemento negativo di chi balbetta ( A. Bitetti, Emozioni, Comportamento e Controllo, IEB Editore, 2016) ed è un aspetto appreso da bambino, in concomitanza di eventi a forte valenza negativa, quale la nascita di un fratellino, la conflittualità tra genitori o esperienze diverse in cui predomina frustrazione e conseguente aggressività. Se lasciato libero di consolidarsi, a lungo andare, il meccanismo del controllo può creare un disturbo cronico, comunemente chiamato balbuzie.
Se mantenuto attivo, questo disturbo rischia di compromettere la normale crescita relazionale ed emotiva del bambino, fino a fargli acquisire da adulto, quello che il dott. Bitetti definisce: “l’abito del balbuziente”. La balbuzie, o meglio il balbettìo, nelle fasi iniziale è un meccanismo adattativo che dovrebbe essere abbandonato in tempi brevi, ecco perché è necessario intervenire precocemente, soprattutto prima del periodo adolescenziale, ancora meglio prima che si cronicizzi in maniera definitiva.
L’Approccio Integrato è una terapia d’avanguardia, una tecnica risolutiva, nel vero senso della parola. Non c’è terapia più precisa e profonda di questa, proprio perché va nella giusta direzione, che è poi quella di risolvere i delicati meccanismi interni ed esterni del problema. La divulgazione dei libri sulla balbuzie sono un completamento di un processo di approfondimento, di un disturbo che non va assolutamente sottovalutato.
Il dott. Antonio Bitetti, inoltre, ha esteso il suo modello di intervento di cura anche in maniera preventiva, in quei bambini al di sotto dei 4-5 anni, che hanno mantenuto attivo il balbettìo, ma non possono essere definiti bambini balbuzienti. Questa estensione del suo Approccio Integrato è una conquista e una novità assoluta nel panorama nazionale e si rivolge ai genitori che vorrebbero intervenire in tempi rapidi, ma non ricevono risposte adeguate da nessun ambito in Italia
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