Epidemiologia della balbuzie
Parliamo dell’epidemiologia della balbuzie secondo varie ricerche.
La balbuzie interessa in prevalenza circa l’1-2% della popolazione mondiale, ma circa il 5% può dire di averne sofferto in qualche misura nel corso della propria vita, in particolare nei bambini. La differenza tra i due tassi è spiegabile con l’alta percentuale di remissione, circa il 75-80%, che avviene per lo più spontaneamente dai 12 ai 18 mesi di distanza dal momento dell’insorgenza, e che è da collocare tipicamente nella prima infanzia.
E’ possibile notare come la percentuale dei balbuzienti diminuisce con l’età, molto probabilmente, al ridursi del valore relazionale e dell’impegno sociale si riduce il valore che il balbuziente dà al potenziale del suo linguaggio. Da un punto di vista strettamente epidemiologico vi è un rapporto M/F di 3:1 / 4:1 Secondo un recente studio dell’Università di Amburgo pubblicato su Lancet, i balbuzienti soffrirebbero di un difetto di attivazione delle aree cerebrali che governano il linguaggio, difetto che potrebbe anche essere ereditario. Ciò spiegherebbe come mai il disturbo è più frequente nei maschi che nelle femmine e perché si presenta con maggiore probabilità in persone che hanno altri balbuzienti in famiglia.
Le ricerche di tipo genetico basate sugli antecedenti famigliari e sulla gemellarità monozigote fanno ritenere che la balbuzie venga trasmessa per via genetica, e anche se il meccanismo di trasmissione resta sconosciuto, il rischio di balbuzie fra i parenti biologici di primo grado è più del triplo rispetto al rischio nella popolazione generale.
Studi di brain imaging con SPECT, PET e RMN cerebrale funzionale in soggetti balbuzienti e non balbuzienti, quando balbettavano, parlavano senza balbettare, erano in condizioni di riposo, oppure prima e dopo l’intervento terapeutico. I risultati evidenziano che i processi cerebrali relativi alla produzione del parlato (di tipo semantico, sintattico, fonologico e articolatorio) sono fortemente compromessi nel parlato disfluente e fluente del balbuziente, mentre è ancora controverso se i balbuzienti siano diversi dai normoloquenti, anche in condizioni di riposo.
Diversi altri studi mostrano anomalie nell’attivazione di alcune regioni cerebrali (per es. la corteccia prefrontale e frontale) e del cervelletto, e tutti hanno riportato differenze tra i balbuzienti e i controlli per la lateralizzazione cerebrale (nei balbuzienti l’emisfero destro è più attivo rispetto ai non balbuzienti).
L’ambiente gioca un ruolo fondamentale nell’instaurarsi della balbuzie, tipico è quello familiare rigido, perfezionistico, con genitori ansiosi che sottolineano ogni minima presunta anomalia nei figli. Se viene preso di mira il linguaggio si innesca nei figli un legame tra questo e l’ansia da prestazione.
Secondo un punto di vista organicistico vi sarebbe una predisposizione organica(genetica o acquisita) su cui agiscono fattori scatenanti ambientali (familiari, scolastici, sociali in genere, eventi drammatici, traumi psichici, o anche nascita di un fratellino). Questi studi danno molto valore a quelle funzioni del linguaggio che si trovano sul lato sinistro del cervello e pare che i balbuzienti mostrano un’attivazione anche del lato destro, probabilmente per compensare la mancanza di efficienza dell’altro emisfero.
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