BALBUZIE E CONTROLLO DEL LINGUAGGIO
Il controllo della bocca è un fenomeno che si osserva sistematicamente nei pazienti affetti da balbuzie, questo nasconde una tendenza a trattenere emozioni intrise di rabbia e di aggressività. Nel balbuziente è possibile notare una forte tendenza a trattenere anche le emozioni positive, fatte di gioia e di abbandono fiducioso alla vita. Come se vivesse il tutto in una dimensione di forte rigidità, con la propensione a chiudere il rubinetto energetico, nell’irrazionale paura di chissà quali effetti.
Nella letteratura scientifica riguardante le ricerche sulla balbuzie, non vi sono studi specifici che mettono in relazione il meccanismo di controllo dell’apparato fonatorio e la sintomatologia del balbettare. Il Dott. Antonio Bitetti ha cominciato a parlarne già molti anni fa in un congresso di Foniatria e Logopedia nel 1999, in cui fu chiamato a tenere una comunicazione sulla balbuzie.
Poi sono stati pubblicati i suoi primi lavori editoriali ( A. Bitetti, 2001,2006) e ha continuato le sue ricerche, anche attraverso il lavoro costante con il modello di terapia da lui ideato e denominato “Approccio Integrato”, tradotto anche in inglese tedesco, (A. Bitetti,2010). Dovendo definire in maniera pratica cos’è il problema della balbuzie, direi con una certa sicurezza, dettata da una ventennale esperienza di lavoro in tale settore, che il balbuziente balbetta, perché adotta una strategia psicologica antitetica al normale funzionamento della fonazione.
Affermare questo non è semplice, neanche per me che curo balbuzienti da tanti anni, perché non è semplice pensare che un meccanismo di controllo possa essere così diretto ad influenzare negativamente il linguaggio, eppure, le prove a mia disposizione orientano tutte in questa direzione.
Difatti, qualsiasi strategia che distolga l’attenzione dal controllo sulla parola, permette rapidamente al balbuziente di esprimersi normalmente. Il controllo nella balbuzie è una cattiva abitudine appresa e mantenuta viva per anni. Siamo in presenza di un apprendimento sbagliato, ma probabilmente adattativo di una esperienza ritenuta critica in un dato periodo dell’infanzia. Il problema nasce quando quel comportamento viene protratto nel tempo, credendo che l’emergenza debba durare necessariamente al di là di quel periodo.
Mentre il normoloquente, cioè colui che non balbetta, non controlla la bocca in nessuna circostanza della vita di relazione, il balbuziente invece, controllando massicciamente il suo linguaggio nel momento in cui si relaziona, condiziona negativamente il suo linguaggio. Quando è da solo, nel chiuso della propria stanza, il balbuziente non attua questo meccanismo di controllo e quindi, parla liberamente. Questo, perché tale meccanismo è strettamente connesso al timore di essere giudicato negativamente dagli altri, poiché è già forte il giudizio negativo verso sè stesso.
Tante volte, soprattutto nella balbuzie di tipo tonico, dove il controllo è davvero eccessivo, il corpo fa scattare dei meccanismi di compensazione, comunemente chiamate sincinesie. Questi, sono dei meccanismi involontari della muscolatura facciale, che servono ad antagonizzare quella sensazione di vuoto che il balbuziente avverte nel momento in cui, da una parte vorrebbe parlare liberamente e dall’altra, frena questa possibilità.
Potremmo accostare questo concetto ad un esempio pratico, quale il meccanismo di pescaggio di un liquido attraverso una pompa. Se il motore della pompa funziona bene ed il liquido è presente nella vasca di estrazione, non ci dovrebbero essere problemi a trasferire il liquido dalla vasca all’esterno. Ma, se la cannula di pescaggio, per un problema qualsiasi avesse una ostruzione, allora la pompa agirebbe inutilmente, producendo un tipico rumore di un meccanismo non funzionante, che potremmo definire “meccanismo a vuoto”.
Il vuoto che si viene a creare durante il blocco della parola, fa avvertire una sensazione di impotenza, espressione tipica di una persona che si chiede cosa stia succedendo, ma che non riesce a dare una spiegazione adeguata. La spiegazione sta nel fatto che una parte della personalità vorrebbe agire in maniera produttiva e propositiva, mentre dall’altra, opera una forza antagonista che frena questa possibilità. Lo stupore che prova il balbuziente è da attribuire a quella parte di se che si chiede: “chi e perché ha frenato il mio linguaggio?”.
Sta proprio in quest’ultimo passaggio il vero concetto di controllo sulla propria parola, vero ed autentico problema del balbuziente. Tale potente meccanismo di controllo limita la possibilità di quella libertà espressiva caratteristica invece di chi non ha mai sofferto di balbuzie e che può permettersi invece di vedere nel proprio linguaggio un potente strumento di comunicazione e di affermazione sociale.
Nella mia lunga pratica professionale ho maturato prove evidenti, anche sulla base di tecniche di depolarizzazione del controllo della bocca, da me messe a punto e che confermano chiaramente tutto questo. Più si controlla e più si balbetta, la sintomatologia del balbettare è direttamente proporzionale al grado di controllo, che diventa una zavorra.
La bocca va lasciata libera, non ha necessità di essere controllata in continuazione, invece ostacolando questa libertà si ha un effetto contrario alla normale fisiologia umana. Di suo, il controllo è un meccanismo antitetico alla libertà di azione e preclude la possibilità di dare al balbuziente la possibilità di parlare liberamente.
Il balbuziente è molto più attento, anzi esageratamente attento, al modo in cui si esprimerà nel momento della interazione. Come quando si guarda un quadro importante: si è più attenti al dipinto o alla cornice? Certamente anche la cornice ha il suo valore, anche estetico, ma l’opera pittorica rappresenta indubbiamente l’elemento centrale di quello che si sta ammirando.
Ovviamente, non possiamo affermare che il balbuziente sottovaluti il contenuto che esprime, ma è estremamente attento alla cornice. Nella pretesa perfezionistica di trovare la migliore elaborazione concettuale ed espressiva, inciampa, ed è il caso di dirlo, proprio nel risultato opposto e quindi, balbetta.
Questo è dovuto ad una scarsa considerazione circa le sue qualità, è sempre attivo in lui l’elemento autosvalutativo che è alla base del suo reale problema. Non riesce a canalizzare adeguatamente le sue risorse nel momento migliore della vita di relazione. Ecco perché si perde in atteggiamenti di controllo di sè, che rendono poco efficace la sua possibilità di incidere paritariamente nel confronto dialettico con una qualsiasi persona, soprattutto se ritenuta di maggiore valore.
Di solito, nell’ambito della crescita psicologica, con il procedere del tempo e con l’esperienza, si vengono a creare delle gerarchie riguardo al grado di attenzione e si tende a far prevalere quelle che hanno un’elaborazione ed una finalità più complessa, dando invece per scontate quelle azioni o quelle strategie comportamentali che ormai fanno parte di un dinamismo automatico.
Non è possibile mantenere lo stesso livello di attenzione per ogni azione, è una questione di economia psichica, come nel caso del bambino piccolo che sta iniziando ad imparare a camminare. Nelle prime fasi muove le gambe con difficoltà, alcune volte ha paura di cadere, ma una volta acquisita la capacità di camminare, essa va da sé, non si ha più nessun motivo di prestare la stessa attenzione di prima.
Questo vale anche per il linguaggio, che pur essendo una capacità innata nell’uomo ha bisogno di un certo periodo di tempo per poter esprimere appieno tutta la propria potenzialità. (N.Chomsky,1971). Una volta portato a termine il processo di acquisizione, il bambino si sente sufficientemente sicuro e comincia, con il procedere degli anni, a crearsi una meta più alta e cioè, l’arricchimento del repertorio lessicale e grammaticale.
Ovviamente, è da tener presente che nel linguaggio sono presenti elementi di maggiore complessità, dovuti essenzialmente all’intrinseco valore psicologico e relazionale del parlare e di come sia caricato di notevoli significati emotivi. Nel caso del balbuziente, si può osservare una certa limitazione o cattiva gestione delle proprie energie, come se volutamente si censurasse la possibilità di aumentare il “tono biologico”.
Attraverso il linguaggio gli essere umani creano relazioni, consolidano legami di ogni tipo e tendono a consolidare la propria presenza nel campo sociale di riferimento. Tutto ciò è possibile attraverso una attenta gestione della propria energia psichica, che dovrebbe essere canalizzata nella migliore modalità possibile. Il controllo invece va nella direzione opposta, esercita un freno e addirittura crea un dispendio energetico inutile o dannoso al risultato finale.
La capacità di dare libertà d’azione alle proprie risorse interiori è fondamentale affinchè l’azione psicologica abbia un effetto ed un risultato utile allo scopo. Non dissipando risorse con inutili atteggiamenti di controllo è possibile valorizzare quel concetto che dice: “minimo sforzo, grande risultato”.
E’ importante tener presente che il controllo, in un quadro generale di economia psichica ha dei costi, proprio in termini di dispendio energetico, perché non solo va ad invalidare la qualità dell’azione che si vorrebbe attuare, come nel caso del linguaggio, ma il meccanismo frenante, in se per se ha anch’esso un valore energetico e quindi, vi è una somma di effetti negativi su tutto il quadro energetico complessivo.
Del perché il balbuziente frena durante la relazione e non frena il proprio linguaggio nella classica situazione in cui è da solo, è un motivo che ho più volte analizzato nei miei precedenti lavori editoriali. L’essere chiamato ad interagire scatena tutta una serie di meccanismi psichici e reazioni fisiologiche. La paura di balbettare porta ad una costante attenzione su come si vuole esprimere, sul controllo in termini di previsione del giudizio altrui ed infine, su quello più realistico e logico che riguarda ciò che si vuole dire. Con una tale sequenza di pensiero, a dir poco eccessiva, è facile incappare in uno stato d’ansia compromettendo l’eloquio stesso.
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