BALBUZIE E LAVORO: QUANDO LA COMUNICAZIONE DIVENTA IMPORTANTE

Presentazione convegno Lecce

Balbuzie e lavoro sono aspetti che possono essere legati tra loro. Tutti sappiamo, infatti, quanto sia importante la comunicazione nella vita di relazione di ogni essere umano, soprattutto nel lavoro. Il linguaggio rappresenta la più alta espressione nell’interazione sociale. Esiste una cosiddetta comunicazione verbale ( C.V.) quella dei suoni espressi con le parole e una comunicazione non-verbale ( C.N.V.) caratterizzata dalla mimica facciale, dalla gestualità e anche dalle postura. La C.V. è la più importante forma di comunicazione umana e la più diretta, la seconda invece, la C.N.V., sostiene e rafforza la prima.

Ogni essere umano si forma e si prepara sin da piccolo affinché un giorno possa inserirsi produttivamente nel mondo del lavoro. Ovviamente, per fare ciò deve necessariamente dimostrare di avere abilità e capacità adatte alla mansione in cui dovrà inserirsi e dare forza produttiva.

Tra le abilità che possono rappresentare un surplus, vi è sicuramente il possesso di buone doti comunicative. Di solito, più alto è il ruolo professionale e più si necessitano doti comunicative.

L’IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE

La comunicazione ha un valore importante in tutte le forme e in tutti i contesti in cui si viene ad interagire. Il linguaggio si eleva e ha maggiore efficacia, quanto più è chiaro e lineare. In ruoli professionali di alto livello si richiede non solo una buona padronanza di linguaggio, che a volte deve richiedere anche ricercatezza e profondità, ma anche una manifestazione di sicurezza di sé.

FOTO DI DEMOSTENE FONDO BLU

Come sostiene da sempre il dott. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, nonché fondatore dell’Istituto Europeo Balbuzie, la sicurezza di sé è alla base di una buona espressione verbale. Più alto è il grado di energia e più alto è il grado di sicurezza personale. Spesso vi è una buona energia potenziale, ed una buona realizzazione verbale, poiché c’è una giusta corrispondenza tra emozioni e concretizzazione di esse. Invece, nel balbuziente  il potenziale è presente, ma scarseggia la capacità di realizzazione della forza comunicativa. Vi è un freno al fluire di quella energia che dovrebbe sostenere il linguaggio. Ecco spiegato il perché abbiamo parlato di collegamento tra balbuzie e lavoro.

Molto spesso nel mondo del lavoro si parla tanto di motivazione. Anche nella selezione del personale, si tiene conto delle giuste caratteristiche per il ruolo che il candidato andrà a ricoprire. La motivazione, o passione, è il valido atteggiamento per raggiungere le mete e dare forza propulsiva nella dinamica professionale. Più si è motivati e più facilmente si raggiungono traguardi, che possono essere individuali, come nella libera attività professionale, oppure aziendali, dove i traguardi del singolo diventano un traguardo dell’insieme dei soggetti che compongono l’azienda.

Frequentemente, nella cultura attuale, si tende a disgiungere la balbuzie dalla componente motivazionale. Tutti si soffermano sulla parte manifesta del linguaggio. Tutti cercano di curare la disfluenza con esercizi tra i più disparati. Tecniche di fonetica, esercizi o metodi di allungamento dei suoni. Tutte modalità che non tengono conto di un fattore importante che è quello motivazione ed emozionale del balbuziente.

LA BALBUZIE

La balbuzie vista come un semplice disturbo di linguaggio è ovviamente una visione parziale del problema. Il balbuziente ha una forte difficoltà a coniugare emozioni e parola. E’ bloccato nella comunicazione, poiché blocca sul nascere l’energia necessaria per alimentare il suo linguaggio. Non c’è una giusta corrispondenza tra pensiero, emozione e parola. Sin da bambino ha dovuto fare i conti con un blocco delle sue emozioni. Ha avuto le sue buone ragioni per frenarle, ma ha commesso involontariamente, l’errore di rimanere bloccato in questa dinamica, facendola diventare cronica. Questo può creare problemi di inserimento nel mondo del lavoro per il balbuziente.

Purtroppo, tutto questo dinamismo alla realtà dei fatti poco interessa. Ognuno è chiamato a dare prova di sé, non ci sono ragioni che tengano. Vivere nella commiserazione di avere un problema, o peggio, nella autocommiserazione, serve poco. E’ necessario rialzarsi e camminare, poiché come dice il famoso detto:  “chi si ferma è perduto”. Nessuno può fermarsi. Pertanto superare un problema è un dovere, non solo per un buon inserimento professionale, ma soprattutto per una buona realizzazione umana e sociale. (Bitetti A., La Balbuzie Approccio Integrato, IEB Editore, Milano, 2010).

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