Dalla Logopedia all’Approccio Integrato
Da tempo, da molto tempo si sostiene che la balbuzie è un problema di linguaggio, forti del fatto che l’elemento manifesto del balbuziente è la sua disarticolazione del linguaggio, la sua disfluenza. Se poi si considerano i blocchi espressivi, le sensazioni di affanno o di dispnea, allora il quadro è già ben definito.
Osservando un balbuziente, sia bambino, ragazzo o adulto nella sua difficoltà di linguaggio risulta facile associare il tutto ad un problema di linguaggio, poichè è quello che emerge di più e al primo impatto. Nessuno si sofferma a vedere oltre questa sequela di manifestazioni.
La ricerca internazionale è da tempo alla ricerca del gene della balbuzie ma, purtroppo, per i sostenitori di questa idea, il gene della balbuzie non è stato identificato. Ancora oggi nessuno si sofferma a spiegare come mai il balbuziente non balbetta quando è da solo, oppure quando canta.
In un importante congresso scientifico che si svolse a Roma nel 2001 erano presente sia il prof. Ehud Yairi dell’Università dell’Illinois ( USA) e il prof. Antonio Bitetti fondatore dell’Istituto Europeo Balbuzie, invitato a presentare una relazione riguardante il suo Approccio Integrato alla balbuzie. Fu l’occasione per mettere a confronto due diverse opinioni sulla balbuzie. Il prof. Yairi suggeriva l’idea organicistica del problema e il dott. Bitetti sosteneva la tesi emotiva e relazionale alla base del disturbo.
Chiaramente, in quella sede non potevano essere espresse tutte le basi su cui poggiavano le due diverse interpretazioni del problema balbuzie. Però, il confronto suscitò molto interesse e rappresentò, soprattutto per il prof. Bitetti un primo passo per la sua affermazione in ambito internazionale. Il suo lavoro di ricerca ha dimostrato da quel momento un arricchimento culturale sul come si possa curare il balbuziente da un punto di vista diverso rispetto al passato.
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In effetti, nel passato gli aspetti psicologici e la ricerca psicologica erano ancora da venire. In Italia le prime università di psicologia hanno visto la luce verso gli anni ’70 e tutte le problematiche erano di appannaggio in ambito medico. La balbuzie era un problema di pertinenza medica ma i medici e soprattutto gli psichiatri o i neuropsichiatri non se ne occupavano perchè pensavano fosse un problema di pertinenza otorinolaringoiatrico o foniatrico.
Ovviamente, queste figure professionali demandavano i pazienti, di tutte le età, alla logopedia pensando che rieducare il linguaggio fosse la scelta più saggia e giusta. Passati diversi anni sono sorti centri gestiti da ex-balbuzienti, rieducati nella voce e auto proclamatisi terapeuti della balbuzie. Insomma, un bel problema.
Ancora oggi un balbuziente o le famiglie di bambini e ragazzi balbuzienti si affidano alla logopedia, terapia elettiva del Sistema Sanitario Nazionale, perchè nessuno osa mettere in dubbio l’idea che la balbuzie possa essere qualcosa di diverso da un problema di linguaggio.
Da vent’anni a questa parte c’è stata la novità interpretativa e terapeutica inaugurata dal prof. Antonio Bitetti, con il suo modello terapeutico denominato: “La Balbuzie Approccio Integrato”, che va a creare una novità assoluta nel settore. Una terapia d’avanguardia frutto di ricerche d’avanguardia.
Perchè l’Approccio Integrato è una terapia d’avanguardia? E’ d’avanguardia perchè va a scardinare vecchie interpretazioni ma, soprattutto va a spiegare nel dettaglio cos’è la balbuzie e a dare finalmente una soluzione integrata al problema. Non basta soffermarsi sul sintomo balbuzie ma, è necessario capirne le dinamiche profonde che sono anche a valenza relazione, all’interno della dinamica familiare del bambino candidato a diventare balbuziente.
Invece, l’adolescente balbuziente o l’adulto balbuziente non sono altro che persone che non hanno potuto affrontare precocemente le cause della loro sintomatologia. Il prof. Bitetti intervenendo precocemente affronta sin da subito l’intera problematica ottenendo risultati definitivi. Ma, anche l’adolescente o l’adulto balbuziente possono ricevere le stesse cure con la premessa di un intervento più lungo e con la motivazione giusta da parte del candidato alla terapia.