Terapia della balbuzie
La terapia della balbuzie è un campo aperto, dove si confrontano e a volte si scontrano, interpretazioni diverse dello stesso problema. Infatti, anche nella definizione linguistica, molti parlano di balbuzie e alcuni si ostinano a chiamarla balbuzia. Alcuni Autori parlano di problema da rieducare nel linguaggio, ed altri affrontano il problema da un punto di vista strettamente psicologico.
Tutti sono unanimemente d’accordo su un punto caratteristico di questo disturbo e cioè: Il balbuziente sa molto bene quello che intende dire, ma non riesce ad esprimerlo in maniera fluida e serena, come invece fa la stragrande maggioranza della popolazione. A questo punto, è naturale chiedersi del perché il balbuziente ha difficoltà di linguaggio quando si relaziona con gli altri, ed invece non balbetta quando è da solo. La risposta non può essere semplice e banale, poiché investe quegli aspetti cognitivi, emotivi e relazionali che il linguaggio ha in se.
La terapia della balbuzie: Il linguaggio umano
Sappiamo che attraverso il linguaggio gli esseri umani creano collegamenti, esprimono emozioni, idee, progetti e quindi, noi tutti riconosciamo il valore intrinseco di questo potente strumento. Il linguaggio ha una base strutturale o genetica e una base acquisita, di tipo culturale o ambientale( Chomsky N.,1967, pag. 397-442). In età infantile il bambino vive una fase importante nel suo delicato periodo evolutivo ed è chiamata fase del balbettìo, in cui il bambino si cimenta nella ricerca migliore possibile per far convergere aspetti strutturali e aspetti culturali.
Lo stesso avviene nella deambulazione, il bambino impara gradualmente a coordinare i suoi movimenti, in funzione di una serie di prove ed errori, anche sulla base di un processo di rafforzamento del proprio sistema muscolo-scheletrico. Una volta acquista l’intera sequenza, il bambino saprà camminare da solo e senza l’aiuto dei grandi. Il linguaggio segue la stessa logica, ma a differenza dell’attività motoria, il linguaggio ha una importante valore relazionale, poiché attraverso di esso siamo capaci di estrinsecare emozioni, a volte, in alcune esperienze negative o traumatiche, anche a forte valenza aggressiva.
Questo, ha spinto il dott. Bitetti ad approfondare quelli che sono i veri motivi che stanno alla base di questo diffuso disturbo, che ricordiamolo, interessa il 2-3 % della popolazione nazionale. In una recente intervista da lui rilasciata ad una emittente televisiva spagnola, la giornalista ricordava che in Spagna esistono almeno 800.000 persone affette da balbuzie. In Italia, con una popolazione maggiore di quella spagnola, siamo nell’ordine di un milione di persone. Anche se, ed è opportuno chiarire, molte statistiche dovrebbero essere maggiormente approfondite, poiché molte forme di balbuzie possono essere delle semplici manifestazioni di blesità, scambiate per balbuzie.
La terapia della balbuzie: Le ricerche del Dr. Antonio Bitetti
Le ricerche del dott. Bitetti nel campo della cura della balbuzie, che peraltro è autore di tre libri sulla balbuzie (Bitetti A., 2001,2006, 2010) l’ultimo tradotto anche in inglese e tedesco, si sono concentrate sul meccanismo del controllo emozionale e nel caso di chi è affetto da balbuzie, diventa un controllo della parte periferica del linguaggio, ossia, la parola. La stragrande maggioranza della popolazione non controlla la parola mentre parla, sa che sarà un processo automatico, così come avviene nella deambulazione. Nessuno si sognerebbe di controllare e di verificare i movimenti delle gambe durante una passeggiata o durante una corsa, se lo facessimo, rischieremmo di bloccarci o di condizionare fortemente l’attività spontanea.
Pertanto, è il controllo il vero elemento negativo di chi balbetta ( A. Bitetti, Emozioni, Comportamento e Controllo,2016) ed è un aspetto appreso da bambino, in concomitanza di eventi a forte valenza negativa, quale la nascita di un fratellino, la conflittualità tra genitori o esperienze diverse in cui predomina frustrazione e conseguente aggressività. Se lasciato libero di consolidarsi, a lungo andare, il meccanismo del controllo può creare un disturbo cronico, comunemente chiamato balbuzie.
Cura della balbuzie in bambini molto piccoli.
Il Dr. Antonio Bitetti ha spiegato in diversi contesti istituzionali, come l’importante congresso di Foniatria e Logopedia, svoltosi a Bari nel 1999, che la balbuzie rappresenta un sintomo adattativo in un età in cui il bambino non poteva gestire in maniera adeguata un tumulto emozionale che avrebbe avuto ripercussioni maggiori nella sua sfera psichica. Solo che non avendo ricevuto una terapia idonea, il bambino (parliamo di bambini di fascia 2-5 anni), è rimasto imprigionato e ha fatto diventare cronica tutta quanta la dinamica in questione.
Se mantenuto attivo, questo disturbo rischia di compromettere la normale crescita relazionale ed emotiva del bambino, fino a fargli acquisire da adulto, quello che il dott. Bitetti definisce: “l’abito del balbuziente”. La balbuzie, o meglio il balbettìo, nelle fasi iniziale è un meccanismo adattativo che dovrebbe essere abbandonato in tempi brevi, ecco perché è necessario intervenire precocemente, soprattutto prima del periodo adolescenziale, ancora meglio prima che si cronicizzi in maniera definitiva.
Ecco perché il dott. Antonio Bitetti ha esteso il suo modello di intervento di cura anche in maniera preventiva, in quei bambini al di sotto dei 4-5 anni, che hanno mantenuto attivo il balbettìo, ma non possono essere definiti bambini balbuzienti. Questa estensione del suo Approccio Integrato è una conquista e una novità assoluta nel panorama nazionale e si rivolge ai genitori che vorrebbero intervenire in tempi rapidi, ma non ricevono risposte adeguate da nessun ambito in Italia.